Cesare Tallone
Biografia
di Gigliola Tallone
info@archiviotallone.com

Milano e gli allievi Futuristi
-INTRODUZIONE
-LA GIOVENTU'

-L'ISCRIZIONE A BRERA
-LA FAMIGLIA ARTISTICA
-I PRIMI RICONOSCIMENTI
-ESPOSIZIONE DI ROMA E GLI INIZI DELLA CARRIERA
-LA NOMINA A CARRARA, L'INSEGNAMENTO, ATTIVITA' E NOTE SALIENTI DAL 1884 AL 1891
-CESARE TALLONE E L’ALLIEVO GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO
-ATTIVITA’ E NOTE SALIENTI DAL 1891 AL 1898
-LA NOMINA A BRERA E INCARICHI ACCADEMICI
-MILANO E GLI ALLIEVI FUTURISTI
-LA FAMIGLIA , GLI AMICI E LA MAISON RUSTIQUE
-LA MOGLIE ELEONORA TANGO TALLONE
-ATTIVITA’ DAL 1900 AL 1919 PREMI, INCARICHI ACCADEMICI E NOTE SALIENTI
-EREDITA’ SPIRITUALE DI CESARE TALLONE - LA CRITICA POSTUMA
-I FIGLI
-ARCHIVIO TALLONE
Al suo arrivo a Milano, Cesare Tallone gode già di grande successo. La sua fama di maestro liberale e moderno lo precede, e unanimi sono gli elogi di pubblico, critica e ambiente artistico.
Niente lo rende più orgoglioso che d’essere il successore alla Cattedra di Pittura che era stata del suo maestro Bertini.
Milano era la sua citta’fin da ragazzo, alla sua Accademia d’arte ha svolto gli studi, e alla controaccademia della Famiglia Artistica si è arricchito d’esperienze, inoltre all’ombra di Brera nasce la sua carriera espositiva. Ora che vi fa ritorno e a 46 anni, le sue energie sembrano raddoppiate, nel clima di quell’unica città italiana che riesce a competere con Londra e Parigi per le innovazioni.
Ritrova molti dei suoi amici come Morbelli, suo compagno di studi e intimo di Pellizza , il quale continua a frequentarlo e tanti amici di gioventu’, riprendendo a frequentare la Famiglia Artistica, di cui era socio dal ’73.

Si disse di Tallone “..la sua straripante personalita’ fa di lui il vero dittatore del gusto ritrattistico lombardo dell’epoca.”
Tutti infatti vogliono farsi ritrarre da Tallone, davanti agli studi di via Montebello e Corso Garibaldi posteggiano lussuose carrozze di Lords e aristocratici italiani e ,in quest’ultimo studio, va a posare la Regina Margherita. Da San Pietroburgo gli offrono di dirigere quella Accademia, tanti giovani e promettenti artisti si iscrivono ai suoi corsi privati.
Cesare Tallone pero’ non si atteggia a “cattedratico”, come per esempio un Grosso o Previati.
Resta un uomo semplice e affabile, sempre corretto e mai critico con i colleghi, generoso con gli amici e i suoi allievi e corrisposto negli affetti e nella stima da tutti.
La moglie Eleonora raccontava un divertente aneddoto.
Durante un periodo di vacanze alla Carrara, Cesare era andato a Parigi, portando con sè alcuni dipinti con l’intenzione di collocarli là per far conoscere la sua pittura , anche in vista di un possibile trasferimento, come già facevano altri pittori italiani. Ritornato dal viaggio, mostròalla moglie, tutto soddisfatto ed entusiasta, alcuni quadri di pittori francesi che aveva comprato.
Era partito per vendere ed era tornato con acquisti!
Questo episodio illumina bene il carattere dell’uomo:schivo e incapace di promuovere sè stesso, però appassionato ricercatore e sincero estimatore del valore altrui.
Del resto, la sua pittura non ebbe bisogno d’essere promozionata dall’autore, poichè s’ imponeva da sola.
Come uomo e artista non conosce compromessi . Il suo rapporto con l’arte , “la terribile arte”, come spesso la definisce, e ’totale, incondizionato ed appassionato. Questo insegna ai suoi allievi, la sincerità totale nel perseguire la personale strada artistica.
A Brera il suo insegnamento continua nello spirito della “bottega rinascimentale”, cosi’ come il Pellizza aveva definito la sua scuola alla Carrara. E’ sempre dalla parte degli allievi, incurante delle critiche di alcuni conservatori che preferiscono mantenere le canoniche distanze tra docenti e allievi.
Tallone accoglie e appoggia le richieste dei giovani di spazi più idonei, maggiore disponibilità di modelli per la scuola del nudo, gli orari ecc. Porta i suoi alunni a dipingere all’aperto nell’Orto Botanico e si offre sempre di accompagnarli alle piu’ importanti esposizioni, come Venezia e Roma.
Qualcuno ha definito gli anni della Cattedra di Tallone come “i difficili anni di transizione delle avanguardie”, Cesare Tallone pero’mai avrebbe definito cosi’ quegli anni. L’arte per lui era “terribile”, non mai difficile, era vita, entusiasmo, passione.
Al di la’ dei toni provocatori, sapeva riconoscere nei suoi allievi, molti dei quali sarebbero diventati Futuristi, il talento e quella scintilla creativa che fa dell’arte il più nobile degli impegni.
Come docente sa che il talento e l’impronta personale non si possono insegnare, ma suo era il compito di fornire loro tutti gli strumenti d’apprendimento e, in più, accompagnarli nella loro ricerca al di làdei ristretti confini accademici, per allargare il loro orizzonte.
Illuminante è il caso di Bonzagni, inviso a molti in Accademia per la sua irrequietezza.
Tallone seppe mutare in elogio per il giovane quello che sarebbe dovuto essere nelle intenzione di alcuni una punizione. Disse e scrisse che il suo allievo aveva superato brillantemente tutto quello che c’era da imparare nella sua scuola e per quanto lo riguardava, avrebbe potuto terminare prima del tempo. Non per la disciplina! L’unica disciplina che Tallone considerava era quella che ogni artista deve imporsi nella propria ricerca.
Intollerante anch’esso di ipocrisie e ottusità, Tallone rivive con i suoi allievi il periodo della sua gioventu’, segnato dal cameratismo e dall’esaltazione, dai toni altisonanti, la sfida alle maniere borghesi, l’amor di patria.. Ama in ugual maniera tutti i suoi allievi, e ne e’ ricambiato, quelli piu’ tradizionalisti e quelli d’avanguardia. E’ sempre in loro compagnia, in Accademia come in casa sua e nei suoi studi privati, dove tiene lezioni e dove si recano artisti in visita, contribuendo cosi’ ad uno scambio vitale di esperienze. Lo si trova in mezzo ai suoi allievi alla Famiglia Artistica , al Cova o al Caffe’ Lumetta di Fiori Scuri dove convitava amici ed alunni e ancora al Bottegone del Broletto, come ci racconta Carra’. Con i suoi allievi si intratteneva per ore, dedicandosi a loro con piu’ liberta’ che all’interno di Brera, ascoltando le loro confidenze e rispondendo alle loro domande, e intrattenendoli narrando aneddoti degli antichi maestri.
Non era raro che alla sera rincasasse con qualche collega e allievo, accolti dalla moglie con affabile ospitalita’, abituata com’era ai grandi numeri, con i suoi otto figli.
Carlo Carrà, iscritto alla scuola di Tallone a Brera dal 1905 al 1908, fu uno degli allievi più riconoscenti all’insegnamento del suo maestro, e uno dei piùattenti a documentare, come fece il Pellizza, la sua lezione e il suo carisma.
E’ curioso notare che, Tallone (Alessandria), nato casualmente a Savona dove il padre ufficiale della Reale Armata aveva il comando di quella piazza, Pellizza (Volpedo) e Carrà (Quargniento) sono tutti e tre alessandrini.

Scrive Carrà, “Tallone era uno dei pochi che destasse il mio interesse…Quello che ancora oggi è vivo in me, è il convincimento è che quei tre anni passati con Cesare Tallone hanno non poco servito ad irrobustire il mio carattere morale senza dire del giovamento ricevutone nel campo pittorico. Ricordo, infatti che alle mie domande talora ingenue, rispondeva sempre con affettuosa attenzione e anche quando le riteneva errate, cercava di persuadermi semza mai impormi la propria volontà…il mio maestro acquisiva un eloquio che avrebbe stupito chi lo conosceva soltanto nelle sue funzioni scolastiche…trascorsi tante ore belle e indimenticabili col mio vecchio maestro e con lui si ragionava di buona pittura senza tanti arzigogoli e senza malignità..”

Scrive la Bossaglia “…Esemplare è il caso di Cesare Tallone, che fu, si puo’ dire per tutta la vita, un gran maestro, modello per piu’ di una generazione di artisti, pieni di ammirazione nei suoi confronti anche quando imboccavano altre strade. Ma fu anche artista libero e solitario, sperimentatore di forme ardite, nel contesto di quello che e’ stato improprimente definito “Impressionismo Lombardo ”, e che con l’impressionismo storico ha poco a che vedere, ma costituisce un filone di ricerche formali sciolte e sensitive, immediate e insieme trasfigurate, una specie di insofferente scrollata di spalle nei confronti del verismo…così che egli fu al medesimo tempo un maestro forbito, capace di mettere in mano ai giovani un mestiere a tutto tondo, e un eccellente sollecitatore di indipendenza creativa…”

Dal 1902 al 1910, in periodi coincidenti più o meno lunghi, sono iscritti alla scuola di Cesare Tallone Romolo Romani, Aroldo Bonzagni, Carlo Carrà, Frisia, Funi, Carpi, Dudreville, Erba, Bucci, Chiattone, S.Elia ed altri, tutti protagonisti dell’avventura Futurista.
Benchè scherzando, Tallone soleva dire che poco ha da insegnare un docente, “perchè uno nasce pittore”, la sua scuola era improntata alla maniera della bottega rinascimentale, in cui la teoria era vagliata dalla pratica e dall’esempio.
Attribuiva importanza fondamentale al disegno del vero, ed era implacabile nell’esortare gli allievi dicendo che “il disegno deve essere tre volte perfetto, ma sembrarlo una sola volta….a furia di imitare, si crea.”
Curava in particolare la resa efficace della copia dal nudo. "Nudo di modella".
Usava una tavolozza di sua invenzione, di grandi proporzioni, legata all’avambraccio sinistro con due cinturini di cuoio, come si vede in questa foto,
“Cesare Tallone mentre ritrae la figlia Irene”
Insegnava a “pensare in grande”, riferendosi naturalmente non solo al formato al naturale , cui era improntata la sua pittura, ma alla concezione stessa del dipinto, mirando sempre alla semplicità e alla forza espressiva dei grandi pittori antichi, che non distraevano con eccessi.
“Il pittore deve saper togliere, non aggiungere”.
Incoraggiava a non perdere di vista l’organicità del dipinto, che doveva essere tutto pensato già dal principio.
Soleva anche far osservare che la visione nella realtà quotidiana , come nell’occhio del pittore, compie sempre delle scelte, ponendo a fuoco una parte che diventa centrale per l’attenzione, per l’artefice come per l’osservatore. A questo scopo, soleva mettersi alla stessa distanza del quadro, per non dover poi, al riprendere, sforzarsi ancora di mettere a fuoco l’insieme. Lavorava spesso con uno specchio di grandi dimensioni, per il controllo delle distanze, creando cosi’un osservatore virtuale fin dal principio del concepimento dell’opera.

Da una lezione di Tallone negli appunti di Pellizza si deduce l’insegnamento “sul campo” della geometria piramidale rinascimentale:
“ Tallone vuole che modello e copia siano uno al lato dell’altro e a uguale distanza di chi copia, facilitando i confronti…”: “ …(Tallone diceva) quando si copia qualche pezzo di vero, bisogna sempre mettere il quadro ad una distanza tale che l’occhio paia grande al vero. Si avra’ cosi’ la facilita’ di studiare molto meglio l’insieme – non metterlo dopo incominciato- bisogna avere l’avvertenza di metterlo prima..Cosi’ facendo non ci sara’ che da confrontare la parte del vero e la parte della copia senza riduzione o aumento di questa, perche’ non e’ il quadro che la sezione della piramide compresa fra i quattro raggi visuali che portano gli angoli delle quattro rette che limitano il vero che si copia, spostata a destra o a sinistra, mantenendo pero’ sempre la stessa distanza dell’occho”.

Dipingendo egli stesso , dispensava le sue conoscenze tecniche.

Sempre dal Pellizza : “iniziava sempre i suoi dipinti su un tono piu’ basso del vero per poi rinforzarlo quando finiva, ottenendo cosi’ maggior simpatia nella fattura e piu’ carattere del vero..rischiarando si ottiene piu’ facile la tinta netta, abbassando la si sporca..”.

Il suo insegnamento quindi si svolge a partire dall’esempio, in una sorta di altissimo artigianato alla maniera degli antichi, ponendo al confronto i diversi talenti e ricchezza di esperienze aperte anche a tutti quegli artisti che andavano in visita o ai giovani amici dei suoi allievi.
Carra’ ci racconta di aver incontrato Pellizza nello studio del maestro, a pochi mesi della sua infelice scomparsa.
Nota la Lunardelli :“Amato dai suoi allievi e da giovani innovatori come Marinetti, Boccioni, Sironi e in contatto con i protagonisti del fertilissimo clima di Milano, che frequentano assiduamente la sua casa dall’ inizio del secolo,…. Tallone incoraggia gli entusiasmi e le ricerche, ma ribadisce l’importanza di una solida base costituita dal disegno e che occorre fare distinzione fra le teorie correnti e l’opera d’arte, perche’ diceva che: “le teorie, vanno bene per i salotti intellettuali, di un artista restano le opere”.

Il critico Renzo Modesti: “Tallone aveva operata la sua scelta in seno ad un particolare concetto di cultura” e cio’ riconduce al concetto di liberta’ “che non negò mai a se stesso per poter sempre e meglio ripettare negli altri. Non un atto, non un pensiero, infatti, rivolti alla negazione degli entusiasmi novatori.

Che Tallone mai interferisse con la personalita’ e i modi dei suoi allievi e anzi sollecitava gli allievi all’indipendenza creativa, e’ un fatto, ma e’ altrettanto accertato che la sua esuberante personalita’ lascio’ a piu’ d’uno il segno, nel monito a perpetuere la potenza plastica degli antichi .
Carrà: “ ..mi esortava ad emulare la potenza plastica dei grandi pittori antichi, perchè diceva, il senso plastico ora smarrito e’ la virtu’ prima su cui bisogna riportare la pittura moderna. E di questo senso plastico antico egli aveva trovato per istinto il profondo filone.”
Tallone quindi e’ un artista che persegue una strada impervia, di solitudine e libertà.

Ancora Carrà, dopo il periodo futurista, dirà che Tallone fu “portato a ricercare la sostanza di un ordine antico mirando a rifonderlo con lo spirito moderno. Il che sara’ sempre un grande merito, dato che troppo spesso quando si volle andare oltre e rinnovare i concetti fondamentali della pittura, non che’ non riuscirvi, si torno’ indietro e venne meno quello che si era faticosamente conquistato”.

Tallone non è attratto dal divisionismo, non rinuncia alla pittura d’impasto con cui ha sperimentato la sua ricerca della luce.

Guido Ballo, rifrendosi a Tallone dice: “pittore dal corposo naturalismo, ma come variante della scapigliatura lombarda, pervaso di luce-colore” … “...le pennellate alla brava, e lo stesso effetto plastico, più consistente che negli Scapigliati, nascono da toni intensi come chiari e scuri, da problemi luministici.”
e Pellizza notò “credo che quanto a forza di luce non si possa andare più in là.”

Nè Tallone si sentì in sintonia con il simbolismo alla Previati, avendo egli impostato tutta la sua pittura sulla forza impressa nella natura, sull’energia plastica delle forme del reale.
Pagherà con qualche amarezza la sua scelta indipendente verso la fine del decennio.

come scrive Carrà: “fra le varie discordanti correnti, conviene notare che il gusto dell’epoca andava allora verso lo sdilinquimento impressionistico della forma o si svolgeva in modo meccanico nel formulario divisionista non meno negativo al fine di una autentica e sentita plasticità. Per queste ragioni il mio maestro si sentiva come isolato fra gente per lo più estranea al suo modo di sentire e con me spesso si sfogava manifestando le sue amarezze più che giustificate.”

Come si può notare dalle parole di Carrà, tutti gli allievi di Tallone rimangono con lui in stretto contatto, anche durante e dopo l’adesione al Futurismo quando, in pieno stile marinettiano, inneggiano alla rifiuto del passato e condannano anche con toni dispregiativi pittori ed accademie.
Nei confronti del loro maestro Tallone, hanno soltanto parole di elogio e di stima.


Cesare Tallone continua la sua strada, incurante delle critiche.
Ben addentro al mondo artistico percepiva quei cambiamenti del gusto che improntavano la sua epoca e da attento osservatore delle tendenze artistiche più recenti, arrichiva il suo vasto bagaglio culturale. Solo in alcune opere, in cui le sue modelle come “Lyda Borelli” del 1911, rappresentano la quintessenza della bellezza femminile, Tallone si concede una pittura più ricca nella stesura, una rara ricercatezza dello sfondo e dei tessuti, come la splendida veste da sirena della Borelli, bagnata di profondi riflessi bruniti, l’atteggiamento sinuoso accennato dalla testa di ramati capelli, appena piegata all’indietro e il languore delle braccia abbandonate. Non viene mai meno ai suoi principi, lo sfondo resta un elemento spaziale, (pittorico, non decorativo) dal quale trarre la figura proprio “come farebbero gli scultori per modellarla in creta ”.
In una bella foto del Sommariva si vede Tallone nel suo studio di C. Garibaldi mentre ritrae Lyda Borelli e, sullo sfondo il dipinto della Cavalieri.
In quegli anni, Paolo Candiani, futuro direttore dell'Accademia di Brera, è allievo della Scuola di Tallone dello studio di C.Garibaldi.
“Cesare Tallone ritrae Lyda Borelli” ( 1911, foto di Emilio Sommariva scattata nello studio del pittore di Corso Garibaldi. Con questa foto il Sommariva vince un premio all'Esposizione Nazionale della Fotografia Artistica di Torino, della cui Commissione Cesare Tallone e' Presidente).

Conoscendo bene il carattere di mio nonno, per l’eredità di sangue e cultura, direi che rare prove come questa, fossero per lui una sfida col mezzo pittorico alla maniera degli antichi, prima di essere un modo di mostrare ai suoi critici che nessuna arditezza formale e tecnica gli avrebbero richiesta la minima difficoltà, “se solo avesse voluto”.
Ma da principio alle ultime sue opere, Tallone vuole dirci che la semplicità formale, depurata da ogni eccesso, è ben piùardua conquista.

Cesare Tallone non contempla mai la pittura in senso decorativo, e la sua vigorosa pennellata non si disgiunge dalla potente plasticità, che non cede a compiacimenti.
Si tiene lontano sia dal ritratto pomposo e rappresentativo, sia dal ritratto intimo di piacevolezze borghesi.
Riconduce il ritratto alla nobiltà degli antichi: le sue figure non rappresentano, sono.
Se necessariamente il ritratto è di commissione, per Tallone è però un esercizio di pura pittura.