Zio Ferrari

Gigliola Tallone marzo 2011


Guido Tallone, Ritratto di Oreste Ferrari 1929, Gigliola Tallone, Catalogo di Guido Tallone, Skirá 1998, p. 60

In famiglia lo chiamavamo “zio Ferrari”, forse per quel nome, Oreste, che evoca la tragedia, e nessun uomo fu condannato a patire tanto come il nostro Oreste.
Lo ricordo bene, il bastone diventato parte di lui, portato con dignitá e orgoglio, simbolo ligneo della ferita di invalido della prima guerra, le sue giacche eleganti di lana morbide sulle spalle, il farfallino di seta alla bohemienne, l’eterno sigaro che gli faceva strizzare gli occhi, nei quali coglievi un lampo di curiositá infantile, occhi chiari, luminosi, allungati, magnifici occhi slavi che aveva regalato ai suoi due bellissimi figli.


Allegra e Mimmo Ferrari, Alpignano anni’30

Ricordo come sedeva col bastone tra le gambe, le mani sottili incrociate sul manico, ricordo la parlata lenta dalla cadenza trentina, le doppie morbide, la s un po’ sibilante, l’avvio di ogni discorso con enfasi aulica, le pause meditate, il tono di poeta epico.
Era una presenza immancabile in tutte le ricorrenze di famiglia, feste comandate e occasioni artistiche. “Dobbiamo avvisare lo zio Ferrari” era il primo pensiero dei miei, appena decisi i preparativi. Un impegno dovutogli, affettuoso e sollecito, un impegno tacito a non lasciarlo solo in quei giorni di festa che invitano troppo al ricordo.
Il 4 febbraio del 1943 una bomba, lasciata cadere da un aereo americano, forse solo per scaricare il peso ferale, aveva distrutto un’ala della nostra casa di Alpignano in via Arnó, crollata sulla cantina dove erano rifugiate la moglie Milini e la figlia Allegra. L’agonia dei sepolti durante le difficili operazioni di salvataggio durarono tre giorni, e inimmaginabile fu lo strazio dei soccorritori e dei tormentati loro cari che sentivano i lamenti.
Avrei dovuto esserci anch’io, nel ventre di mia madre, se non si fosse perentoriamente rifiutata di rifugiarsi nell’antica cantina. Fatalmente il suo accorato consiglio di eseguire lavori per rinforzare la struttura delle vecchie fondamenta non ebbe ascolto. Degli otto vicini di casa lí rifugiati solo un neonato, protetto dal corpo della madre, venne posto in salvo, e delle tre parenti, zia Virginia, salvata dalla volta corrispondente alla fine delle scale di pietra, dov’era seduta per scrivere al lume di candela.
Milini (Emilia) Tallone, la piú meditativa e silenziosa delle sorelle della numerosa schiera, era la piú tenera, affettuosa e sollecita.
Aveva una bella disposizione al disegno, appresa da tanto padre e poi esercitata con la zia materna Virginia per un anno, il 1911 ad Alassio nell’Istituto Monti, dove la zia si era improvvisata - senza titolo ma con abbondante merito - docente di lettere e di disegno. Virginia, ancor piú degli altri fratelli, l’aveva seguita come seconda madre quando la sorella Eleonora, mia nonna, era impegnata nelle sue annuali gravidanze e nell’assistenza del marito, il pittore Cesare Tallone.


Milini Tallone, 1910 circa

A Roma Milini aveva frequentato parte delle scuole elementari, ospite della zia e nonni materni Tango.
E sempre Virginia, l’aveva avviata allo studio del pianoforte.
Milini suonava il piano con straordinario virtuosismo, sicurezza, potenza: una vera trasfigurazione, magica e inimmaginabile operata dalla musica, di quella mitissima donna. Accomunata dalla stessa passione, la figlia Allegra, che aveva scelto come strumento il violino, era diventata, poco prima della tragedia, secondo violino al Conservatorio di Milano.
Allegra, nome che non l’ha protetta da una fine cosí tremenda e precoce. Allegra, amatissima dallo zio materno Guido Tallone che l’ha ritratta in opere che non lasciano spazio alle parole per descriverla.


Guido Tallone, Ritratto di Allegra Ferrari 1941, cat. cit., 1998, p. 99 e copertina

E cosí gli eserciti liberatori hanno distrutto la vita di Oreste Ferrari, proprio quei liberatori che lui, l’indomito antifascista, acclamava. E la sua disperata solitudine aveva trovato l’unica consolazione nel figlio, Mimmo, il giovane Mimmo pieno di vita, bello, intelligente, che giá s’era distinto per i suoi studi filosofici a Trento.
Mimmo caduto in montagna, sepolto nella neve dal 27 novembre 1943 al 3 gennaio del 1944, in fondo a un crepaccio in Val Mesolcina, all’Alpe di Borna. L’amico intimo di Ferrari, Gigino Battisti, figlio di Cesare, si era prodigato inutilmente per recuperare il corpo, ma sará un pastore di origine trentina a ritrovarlo.
Mimmo era in compagnia del cugino Guido Somaré ed altri, cercando di portarsi clandestinamente in Svizzera. Quale era lo scopo? Poco si sa della escursione di conseguenza tanto tragica, forse l’intenzione era quella di raggiungere il padre a Lugano, forse d’aiutare a fuggire qualcuno ricercato dalla polizia fascista. Solo il padre sapeva e ne fu spaccato, come una quercia da un fulmine.
Le sue imprese ardite d’Irredento, la sua passione per la libertá, la mutilazione nella guerra, le sofferenze patite dalla censura, l’esilio, la vita errante. Tutto sopportato, anzi portato con fierezza, tutto quanto amava e credeva ora si era rivoltato contro di lui, togliendogli i suoi cari: gli alleati liberatori s’erano presi moglie e figlia, la passione per la libertá aveva inghiottito l’unico figlio rimasto.


Guido Tallone, Ritratto di Mimmo Ferrari 1941 c., cat. Cit.,1998, p. 98.

Alla fine del conflitto della seconda Guerra Mondiale, Ferrari fu chiamato a prender parte alla Consulta, ma rifiutó.
Tra le sue qualitá, quella di una grande modestia.
La poesia, la passione di esimio germanista, l’amore per la cultura coltivata dalla prima giovinezza e l’affettuosa assistenza dei parenti l’hanno aiutato a sopravvivere.
Aveva attraversato tutto lo sconvolgente martirio di chi è colpito tanto duramente, dall’impulso di annullamento al nirvana dell’alcool.
Un medico naturista di Lugano gli aveva dato una cura disintossicante, di cui andava fierissimo. Al posto del pranzo, nei giorni feriali, si preparava un frullato di banane, latte e altra frutta, aggiungendo un uovo col guscio. Da lui ho visto per la prima volta un frullatore - un grande frullatore svizzero - e quel rumore secco del guscio che si sbriciolava m’é rimasto impresso e lo rimarrá fin che campo.
Nessuna cura medica poté quanto l’affetto dei parenti stretti intorno a lui.
Il cognato Guido Tallone, cosí diverso, cosí solare, ma che pur aveva provato, in quel periodo buio del bombardamento di Alpignano, la piú profonda disperazione, aveva diviso con lui la casa di Milano, e quando era assente, gli altri fratelli invitavano Oreste a turno.
In quegli anni prestava la sua opera di intellettuale nell’Ufficio Studi della Banca Commerciale di Milano diretto da Ugo La Malfa.
Sempre a capotavola e servito per primo, zio Ferrari s’era inventato un metodo per limitare le libagioni. Mettevamo una bottiglia intonsa di buon rosso vicino a lui, che stappava in religioso silenzio e parsimoniosi movimenti, versava nel bicchiere e poi ritappava, fino a far quasi sparire il tappo nel collo della bottiglia. Aspettavamo tutti, col fiato sospeso e qualche furtiva sbirciatina tra noi, il momento della ripresa del rito, la lotta tra quel tappo che voleva resistergli e la sua paziente determinazione, fino al plop che ci liberava dal rispettoso silenzio, come a teatro prima dell’applauso…
Alla fine di ogni pranzo o cena che io rammenti, lo zio iniziava a liberare i suoi ricordi, che cominciavano sempre cosí: “Ricordo, nevero, quando ero giovine, Cesare Batisti…”
Quella sua parlata dolce, senza doppie, sembrava risucchiarti insieme a lui nel sogno di quei giorni lontani e gloriosi, gli unici ricordi che si poteva concedere. E, alla frase fatidica, pian piano, con diverse scuse, tutti si defilavano lasciandomi sola, incapace di abbandonarlo, ipnotizzata dalle sue parole, guerra, sacrifico, lotta irredenta, impiccagione, liberazione, e i nomi strani degli amici poeti, Slataper, Svevo…
Io, nipotina molto somigliante nel volto alla sua Allegra, ero l’unica sua platea, unica testimone del teatro di Oreste Ferrari, poeta infelice che parlava per l’altra immensa platea del mondo dei sacrificati per la libertá.



Guido Tallone, Oreste Ferrari 1942, cat. cit., p. 216.


Guido Tallone, Allegra Ferrari 1938, cat. cit., p. 213.

Oreste Ferrari nasce a Locca di Bezzecca in Val di Ledro, il 5 maggio 1890, figlio di Giuseppe, artigiano tessitore e Erminia Bartoli.
Silvio Segalla scrive una pagina sulla formazione dell’amico Oreste, dalla quale traggo utilissime notizie di prima mano.
In memoria di Oreste Ferrari, a cura del Museo Trentino del Risorgimento e della lotta per la libertá e della regione trentina, Trento maggio 1963.

Grande lettore dalla prima gioventú, Oreste dovette rinunciare al ginnasio per le ristrette economie della famiglia e optare per i quattro anni delle Magistrali di Rovereto. Tra le sue frequentazioni assidue “l’industriale e patriota Colotta, l’amico Camillo Cis, dei Segalla a Lenzumo e di casa Donati, a Tiarno, dove il professor Leone (amico e collaboratore di Croce, insegnante al liceo cantonale di Zurigo e lettore di quella Universitá) dava agli studenti consigli e direttive”.
Appena diplomato, insegnó per poco tempo a Enguiso a Pietramurata. Segalla ricorda l’Oreste ventenne discutere con grande cognizione di Slataper, Michelstaedter, di Hortis.
A 17 anni aveva scritto poesie e prose per “Vita Trentina”, rivista di Cesare Battisti. Ne “Il Popolo” Carlo Cavazzana aveva dedicato un articolo alle sue poesie, e ne “IL Messaggero” del 20-8-1909 Giuseppe Stefani aveva pubblicato un lungo e positivo articolo dal titolo “Un poeta trentino” dedicato al nostro Oreste, che si firmava con lo pseudonimo Steno Tullio Mortara.
Conquistato dal carisma di Cesare Battisti, Oreste pubblica la poesia “In memoria d’una Legione di Eroi” nel sequestrato numero unico, del settembre 1909, della Societá degli Studenti Trentini, dedicata ai Garibaldini caduti a Bezzecca. Il 13 settembre 1911 anche il foglio del Popolo con la poesia “Desiderio” veniva sequestrato, e lo stesso Battisti intervenne contro il sequestro, chiedendone il ritiro, a malavoglia accettato.
Rimando alla lettura del libretto dedicato a Oreste Ferrari, in cui sono riportati anche brani delle sue poesie e dettagli della attivitá di traduttore e letterato, nella quale eccelse come insuperabile traduttore di Goethe.
Il giovanissimo Ferrari, che aveva sposato con impetuoso fervore la causa di Cesare Battisti, fu protagonista dell’Irredentesmo trentino, volontario nel primo conflitto mondiale, attivo nel comitato sindacale dannunziano durante l’occupazione di Fiume e partecipe alla prima resistenza al Fascismo nel 22-25.
Fu anche direttore dal 1922 del giornale “La libertá”, organo del Partito Liberale Democratico del Trentino, al quale collaborava dal 1917.
Mi preme qui chiarire, con una inedita notizia, l’approdo di Oreste Ferrari a Milano e la frequentazione della famiglia Tallone.
Eleonora e il marito Cesare Tallone, in quegli anni detentore della cattedra di Pittura e del Nudo all’Accademia di Brera, dal 1907 abitavano in via Borgonuovo 2, nella casa che era stata in passato un convento dei Cappuccini, cui Eleonora aveva dato il nome “Maison Rustique”, riferendosi poeticamente alle condizioni piuttosto fatiscenti, alla cui sistemazione avrebbero provveduto nel corso dei primi anni.
La sorella di Eleonora Virginia Piatti Tango, moglie separata di Antonio Piatti, ex allievo di Cesare Tallone a Brera, dopo l’anno trascorso ad Alassio, si era trasferita con la figlia Rosabianca il dicembre 1911 ad Arco Trentino, allora in territorio austriaco.
Sensibile ai problemi delle minoranze, convinta pacifista, collaborava da Arco col settimanale “Buon Consigliere” di Roma, e ad Arco aveva conosciuto il giovane Oreste, di precoce talento poetico e fervente passione per gli ideali condivisi di libertá e giustizia.
Ferrari le scrive una lettera da Bezzecca a Milano, durante la breve permanenza di Virginia per visitare la nipote Vincenzina gravemente ammalata. Virginia trascorrerá ancora un periodo ad Arco, fino alla morte della nipotina dodicenne, il dicembre del 1912. Quel mese si trasferisce a Firenze, dove diventa socia del Lyceum Club dal mese di marzo del 1913.
Nel clima culturale di quella antesignana fondazione femminile, Virginia fondó la rivista “La Piccola Fonte”, rivista letteraria di breve vita, dal gennaio al giugno del 1913, e che ebbe tra i collaboratori anche Oreste Ferrari.
Il 1917 Ferrari dedica “Alla mia cara amica Agar” la lirica autografa “Nuvole nuvole nuvole”, che sará uno degli otto canti lirici pubblicati nel “Trentino”, tra il 1925 e il 1929. Reduce dalla grave ferita al Monte Maggio, aveva terminato da poco la lunga riabilitazione.
Due anni dopo sposerá la dolce Milini Tallone a Milano, il 6.11.1919.

Gigliola Tallone, Virginia Tango Piatti “Agar” Una vita per la pace. La vita, le opere la corrispondenza, ed. Transfinito, 2010.

Trascorse gli ultimi anni della sua vita serenamente, ospite della cognata Giuliana Bocca Tallone. Nessuna persona piú solare e affezionata poteva essere vicina all’infelice Oreste negli ultimi anni di vita.
Zio Ferrari ha lasciato questa terra, che tanto dolore gli ha procurato, il 10 febbraio 1962 a Bellinzona.

21 agosto 1912 lettera di Oreste Ferrari a [Virginia Tango Piatti (Agar)] da Bezzecca a [Milano]

Egregia Signora,
non so dirle quanto mi é spiaciuto non esser potuto venire, quella domenica!
Ora le scrivo dalla mia terra natale, ove ó ritrovato l’ardore fervoroso del lavoro, onde, nella solitudine e nella pace serena, si approntano le cose belle ed anno il loro compimento
Io non sono mai tornato alla mia casa con tanta messe di canti in cuore.
O che cosa fa Ella a Milano? A che cosa lavora di bello?
Mi perdoni l’indugio e mi dia sua nuove.
E mi creda, con l’espressione della piú sincera amicizia
Devotissimo
Oreste Ferrari
Bezzecca, 21 luglio MCMXII

17 giugno 1915 Lettera di Oreste Ferrari a [Virginia Tango Piatti (Agar)]

La ringrazio tanto, egregia Amica mia, e bacio in fronte Rosabianca per il fiore colto per me. Sono ancora in questo paesino solatio che mi ricorda qualcosa della mia terra natale, ma attendo con insistente e impaziente desiderio di andare piú in sú. Le saró infinitamente grato se vorrá mandarmi con ció che mi dice l’ultimo numero della “Voce” e del “Marzocco”, che leggerei volentieri. La ringrazio proprio di cuore della sua bontá e la saluto cordialmente
Oreste Ferrari

Lettera che precede di poco la partecipazione di Ferrari alla guerra, dove sará gravemente ferito nella battaglia del Monte Maggio.

Lettere di Oreste Ferrari ad Agar, originali Archivio Tallone Milano



Dal libro delle firme e dediche di Agar, orig. E.Tallone

 



Zia Giuliana


Giuliana Bocca Tallone a una prima della Scala

Giuliana Bocca Tallone, magnifica donna di straordinaria energia e cantante lirica di successo, é stata una delle creature piú ospitali e affettuose ch’abbia conosciuto.
Giuliana, giá avviata al canto, continua gli studi il 1944 col maestro Vittore Veneziani, profugo nell’ospitale Svizzera, il quale ne comprende le possibilitá artistiche. Durante gli studi tiene frequenti concerti alla Radio Svizzera Italiana.
Negli anni ’50 si esibisce in concerti a Milano, Siena e altre cittá toscane.
A Tel Aviv, nel 1958 venne ingaggiata per un mese dal Teatro dell’Opera, con l’offerta di un contratto di cinque anni, al quale rinunció per restare vicina ai suoi cinque figli. Fu assidua ospite dei microfoni di Radio Monte Ceneri. La Rivista di Bellinzona dell’agosto 2010 le ha dedicato un affettuoso articolo in memoria.



Giuliana Bocca Tallone col Maestro Veneziani, Bellinzona metá anni ‘40

Senza clamore, con spontanea generositá, fu attivissima ad aiutare esuli, in particolare ebrei, giunti in Svizzera in epoca fascista.
Il pensiero di zia Giuliana mi evoca il profumo dei pini dei dintorni della sua casa di Bellinzona nelle indimenticabili vacanze con le mie sorelle, e di lei ho il ricordo preciso della voce chiara e squillante quando ci chiamava a rapporto verso sera, noi tre e i suoi cinque figli.
La sua vitalitá prorompente irradiava sicurezza. Poche regole certe per i bambini: massima libertá tra noi e massima disciplina coi grandi.
Non si spaventava a preparare pranzo e cena per dieci o piú commensali: era magnificamente organizzata.
Ottima cuoca da sempre, negli anni ‘80 aveva seguito dei corsi di cucina, raggiungendo risultati raffinatissimi. Amava circondarsi di bambini e amici, e molti di loro ricorderanno le feste nella sua bella casa.
Della solare e carismatica zia, soprattutto mi torna alla mente un episodio, in una tarda mattinata di primavera mite e soleggiata all’Isola di San Giulio.
Ad uno ad uno stiamo salendo in barca per recarci a terra ferma.
Zia Giuliana scende per ultima all’approdo della casa di Cesarino Tallone, dove mio padre Ermanno aveva allestito una mostra dedicata al padre Cesare e ai fratelli Cesarino, Guido, Madino e Ponina.
La vediamo arrivare con passo di scena, elegantissima, scarpe, borsetta, guanti bianchi e cappellino decorato con cigliege. Mette un piede in fallo e finisce diritta nel lago verdastro e un po’ melmoso.
Rispunta col cappellino grondante d’acqua, ridendo a piena gola.

Giuliana Bocca, nata a Bellinzona l’8 giugno 1914, moglie dell’architetto Mario (Pik) Tallone, figlio di Enea, fratello di Raffaello, Cesare e Terenzio, ingegnere elettrotecnico salito nei nostri giorni alla cronaca, per essere stato pioniere del radiantismo in Ticino e il fondatore della prima societá radioamatori. Il satellite che l’Universitá Svizzera Italiana ha costruito e mandato in orbita dall’India il 2010, ha il nominativo di Terenzio Tallone radioamatore HB9DE.
Zia Giuliana ci ha lasciati il 28 luglio 2010.


Giuliana Bocca Tallone nel “Trovatore” con l’orchestra Scarlatti al concerto dato a Siena in onore della regina del Belgio


Nel “Medico per forza” trasmesso dalla RAI




Il Tisat di Terenzio Tallone

7 Luglio 2011. Ricevo e pubblico volentieri il seguente articolo.

5 luglio 2011

Cari tutti,
fra sette giorni un anno fa, alle 05:52 ora locale di Manno, un pezzetto di Dipartimento Tecnologie Innovative della SUPSI lasciava il nostro pianeta, con destinazione orbita polare eliosincrona a 640km di quota.
Martedì prossimo, alla stessa ora, TIsat-1 HB9DE si troverà in avvicinamento da nord verso la costa della Siberia Orientale, a ca. 388km N-NW di Tiksi, sopra il mare di Laptev, una sezione del Mare Glaciale Artico e starà percorrendo la sua orbita n. 5400 per un cammino totale di più di 237 milioni di chilometri.

TIsat-1 è tutt'ora operativo. Il suo radiofaro continua ad emettere con ottima qualità di segnale e viene registrato periodicamente anche dalla nostra stazione di terra HB9SRC alla SUPSI.
Lungo le orbite di TIsat-1 le emissioni di dati telemetrici vengono registrate quasi quotidianamente dai radioamatori.

TIsat-1 HB9DE è inserito nel catalogo centrale della NASA HYPERLINK "http://nssdc.gsfc.nasa.gov/nmc/SpacecraftQuery.jsp" http://nssdc.gsfc.nasa.gov/nmc/SpacecraftQuery.jsp

Il primo anniversario di TIsat-1 nello spazio è l'occasione per rinnovare i ringraziamenti e i complimenti a tutti coloro che, dietro le quinte, hanno reso possibile questa impresa e a coloro che l'hanno portata avanti in prima linea: studenti, collaboratori e partner esterni. È l'occasione anche per incoraggiare tutti gli studenti della nostra Scuola alla perseveranza: "Per aspera sic itur ad astra" oppure, più in linea con i tempi: "Yes, we can"!

Buon compleanno TIsat-1 HB9DE!

Cordiali saluti.
Paolo Ceppi
(Project Manager SUPSI-SpaceLab)

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