Guido Tallone della collezione Vallino-Martinengo Cesaresco

Gigliola Tallone maggio 2011


Guido Tallone, Donna di Toledo, olio su tela, cm. 95x80, 1929.

La collezione Vallino - Martinengo Cesaresco, per un caso sfortunato non presente nel mio catalogo del '98 (Gigliola Tallone, Catalogo ragionato dei dipinti e disegni di Guido Tallone, Skirà 1998), viene pubblicata il 2007 nella rivista “Confronto”, con un articolo firmato da Francesco Negri Arnoldi, di cui solo ora sono informata. Compaiono dipinti e disegni appartenenti alle due famiglie imparentate per vincolo di matrimonio. Nessun segno più certo della reciproca simpatia tra pittore e collezionisti, dei numerosi disegni eseguiti da Tallone ai bimbi delle famiglie, rapidi, incisivi e somigliantissimi ritratti.

Grazie all'Avvocato Giuseppe Vallino, ho avuto il piacere di conoscere questa collezione, alla quale offro l'attenzione che si merita nel sito dedicato a Guido Tallone, aggiungendo, rispetto alla sopraddetta pubblicazione, anche una “Venezia” e un “Paesaggio lagunare” appositamente fotografati, così come la fotografia in versione colore del ritratto su vetro.

La collezione Vallino-Martinengo Cesaresco è una raccolta storica
di particolare interesse perché vi troviamo insieme un cospicuo numero - forse il più cospicuo in una sola collezione - di opere eseguite agli inizi degli anni '20. Si tratta di sei opere della prima produzione di Guido Tallone dopo la lunga sospensione della pittura negli anni della Prima Guerra Mondiale trascorsi al Fronte, dal 1915 al 1919. Seguono cronologicamente cinque dipinti eseguiti verso la fine dei '20 e la soglia degli anni '30 e un ritratto fine anni '30; tre cacciagioni dei primi anni '40.
Arricchiscono la collezione i disegni di numerosi ritratti e le belle impressioni “Stazione e treno” e “Treno” .
E' riduttivo, in questo caso, parlare solo di “collezionismo”, piuttosto di committenti che hanno allacciato una frequentazione assidua col pittore, stabilendo con lui legami di amicizia e stima, durata dai primi anni '20 fino alla sua morte, mentre le opere abbracciano gli anni venti fino ai primi anni quaranta. Non è la prima volta che sono testimone di vivissimi e affettuosi ricordi in chi ha conosciuto l'artista e uomo Guido Tallone, ricordi tanto vivi da confermare il suo carisma straordinario. Non manca mai, negli occhi di chi parla di lui, il sorriso e la nostalgia.

I primi anni '20


1 Guido Tallone, Ritratto di Luigia Vallino, olio su tela, cm. 31x31, 1920 circa


Guido Tallone, Ritratto di Francesco detto Franco, Martinengo Cesaresco, olio su tela, cm. 59x49, 1922 circa


Guido Tallone, Ritratto di Marina Martinengo Cesaresco a 14 anni, olio su tela, 1922, cm 95x63


Guido Tallone, Ritratto di giovane donna di profilo, olio su tela, cm 57x42, primi anni '20


Guido Tallone, Figura femminile, olio su vetro, cm 60x44, primi anni '20


Guido Tallone, Madonnina, dedicato a Tullio Vallino, olio su tavola, cm 32,5x26,5, primi anni '20

Guido Tallone è inviato in Carnia come disegnatore della I Armata. Geniere, si occupa della costruzione di ponti di barche e installazione di fili telefonici. Con l'avanzata finale entra a Trieste, dove lo raggiunge la notizia della morte del padre Cesare, il 21 giugno del 1919. Dall'età di 13 anni, il 1907, fino al diploma all'Accademia di Brera il '15, aveva frequentato gli studi canonici: la Scuola Superiore degli Artefici di Brera; il triennio di corsi comuni; il triennio col padre, che reggeva la cattedra del Nudo e di Pittura: un anno di scuola obbligatoria del nudo e due anni di scuola speciale di Pittura. La guerra quindi lo priva del momento forse più importante per un pittore desideroso di cimentarsi. Rientrato dalla guerra, in quegli anni poveri e difficili, soprattutto per la sollecitazione della madre cui era legatissimo, subentra nello studio del padre di Corso Garibaldi, dove cominciano a piovergli commissioni di ritratti, da parte di quei committenti che avevano avuto grande stima per il padre. La sua natura inquieta soffre però della costrizione in studio. La guerra l'aveva allontanato dalla sua passione per 4 anni e privato anche della libertà di viaggiare, di confrontarsi con il clima artistico fuori dei confini nazionali, di frequentare i musei e studiare gli antichi maestri, come dalla cattedra il padre sollecitava sempre i suoi allievi.

Il 1922 inizia una serie di viaggi che alterna con permanenze a Milano.
Il fratello Enea, architetto progettista della chiesetta dedicata alla Madonna del Rosario a Laura in Canton Grigioni, gli aveva affidato l'incarico degli affreschi il 1922.
I volti dei soggetti, cugine e amiche del pittore in posa per lui, sembrano ispirati ai colori e tratti botticelliani, per cui la “Madonnina” della collezione Vallino appartiene a quegli anni, forse proprio a uno studio per gli affreschi. Presto abbandona lo studio del padre e si stabilisce con la madre in via Rugabella 17.
Se osserviamo i ritratti riprodotti sopra, vediamo una forte coerenza con altri da me pubblicati nel catalogo, eseguiti dal '20 al '22, ad esempio il ritratto della sorella Milini (n.13); “La nonna” (ritratto della madre Eleonora) del 1920 (n.12); un altro ritratto della madre del '22 (n.16); Maschera del '22 (n.18) e il ritratto della sorella Giuditta del 1924 (cat. 20), premiato alla Mostra del ritratto femminile contemporaneo, Villa Reale, Monza. Si serve di una pennellata particolarmente morbida, che evoca un'atmosfera quieta, quasi onirica, anche per l'accenno di paesaggio (come in “Luigia Vallino”). Dal forte uso del chiaro scuro emergono pochi particolari luminosi: il volto, le mani, qualche particolare dello sfondo, come nel superbo ritratto di Marina Martinengo Cesaresco. Sono ritratti che di per sé varrebbero il plauso a un artista, e che in altri casi sarebbero stati i cimenti iniziali poi ripetuti fino alla fine di una carriera. Non così per Guido Tallone, che emerge dal silenzio post guerra in senso pittorico e spirituale, per liberare il suo segno nell'accezione forse più moderna del figurativo italiano, libero di usare pennellate che anticipano la gestualità dell'action painting senza smarrire le forza plastica, senza rifiutare la figurazione. Sembra già preludio dei ritratti degli anni '30 quella figura femminile, dipinto su vetro, nella scioltezza della pennellata essenziale che riesce a tracciare non solo la fisinomia della giovane dal volto diafano, ma anche il suo stato d'animo.

Fine anni '20 - '30


Guido Tallone, Paesaggio sulla Loira, retro “Ambois Loira 1927” olio su cartone, cm. 51x62


Guido Tallone, Donna di Toledo (Femme de Tolede), olio su tela, cm. 95x80,1929

Guido Tallone, Paesaggio lagunare, tempera magra su cartoncino, cm. 35,5 x 42,5, primi anni '30

Guido Tallone “A Venezia”, olio su tavola, cm. 51x61, primi anni '30

Guido Tallone, Ritatto di Maryse Milhac, Olio su tela, Cm. 63x49, fine '30

Guido Tallone, Ritratto di Lydia Vallino a circa otto mesi, olio su tela, cm. 73x63, 1929-30

 

Guido Tallone coi primi viaggi allenta quegli obblighi delle commissioni che lo pressano, liberando la sua vitalità dirompente troppo a lungo costretta. Nonostante Margherita Sarfatti, intima dei Tallone, che aveva attinto tra gli allievi di Cesare Tallone gli artisti che entrano a far parte del suo gruppo del “Novecento”, chiedesse ripetutamente a Guido Tallone di aderirvi, per naturale inclinazione di famiglia, Guido rifiuta: per lui le “Correnti”, diceva, fanno venire il raffreddore.
Non guarda nemmeno ai Futuristi, pur avendoli frequentati personalmente, a Brera quali allievi del padre e ospiti in casa Tallone di via Borgonuovo. La guerra aveva già spento quei furori del movimento, l'amico Boccioni muore, muore l'allievo del padre Sant'Elia, e Carrà presto accoglie, per sua stessa ammissione, il monito di Cesare Tallone di non abbandonare il senso plastico della pittura italiana che ebbe la massima espressione nel nostro '400.
Guido Tallone rinuncia alla sicurezza economica e affronta mille peripezie per pagarsi viaggi e colori. Giovane, di tempra fortissima e di natura ottimista, lavora occasionalmente là dove si trova, persino come facchino nel porto di Amsterdam.
Guido cerca fuori dai confini italiani, e si avventura proprio nei paesi sconfitti e devastati, con una serie di viaggi in Germania, Polonia e altri luoghi dell'est, spingendosi fino in Turchia e in India a Bombay. La scritta sul ritratto noto come “P.L.M. viaggiatore ignoto”, del 1924, (cat. n.22) “ricordo del viaggio Turchia-Parigi coll'amico Saliva”, è testimonianza di quell'itinerario.
Nei paesi visitati, Tallone non si stabilisce a lungo, come fanno altri pittori italiani, come “gli italiani di Parigi”, che pur frequenta, i più noti dei quali De Chiricho, Savinio, De Pisis, Tozzi e altri. Si sposta a più riprese, ritornando in Italia. Tra gli artisti conosce Dix, Chagall, Klee, e instaura amicizia con Kokoschka, probabilmente frequentato anche durante le sue permanenze italiane. Proprio in questi fermenti espressionisti trova quell'indicazione che gli è necessaria, lasciare alle spalle l'800 ed entrare nella modernità senza rinunciare al vero. Troppo artificioso e ormai ripetitivo e poco sentito il Futurismo, la Metafisica col suo bagaglio intellettuale non è nelle sue corde, e troppo statico e solenne il Novecento. Segue la sua strada personale, nel nuovo clima e, nel contempo, riprende possesso delle sue doti già sperimentate negli studi, con le copie dagli antichi, sia al Louvre a Parigi nella metà anni'20, sia in Spagna al Prado, dal '26, dove la strabiliante velocità d'esecuzione e la capacità di cogliere la simiglianza come copista ottiene il plauso dai professionisti del genere e attira piccole folle di ammiratori (vedi Cat, cit, Skirà 1998, Meninas n.28; Ritratto virile da El Greco, n.29; Madonna da El Greco, n.30).
Come nel conflitto stringe amicizia con Hemingway, e con lui condivide a lungo la passione della caccia nella laguna veneziana, così a Parigi stringe amicizia con Ezra Pound, (ritratto di Ezra Pound, cat. n. 19) che continuerà più avanti a Venezia, la sua città preferita fin da ragazzo, per sua stessa affermazione in una lettera alla sorella Teresa del 1916.

Da tempo conoscevo l'opera nota come “Femme de Tolede”, per la presenza della fotografia nel vecchio archivio di mio padre Ermanno Tallone. La foto in bianco nero, eseguita dal fotografo di fiducia di Guido Tallone Gianni Mari di Milano, non recava alcun riferimento al titolo e alle misure, né alla proprietà. Avevo rintracciato, negli anni di preparazione del catalogo, la riproduzione a colore del dipinto nella rivista “Poligono” di Raffaello Giolli del febbraio 1931, col titolo “Impressione”- Toledo 1930. Purtroppo anche in questa prestigiosa sede non si menziona la proprietà. L'opera venne esposta alla galleria Bing di Parigi, col titolo “Femme de Tolede” nella mostra di 19 dipinti “Portraits et paysages de Guido Tallone” 6-20 dicembre 1932.(cat. Guido Tallone, 1998, cit., pag. 249)
Con grande sorpresa, a distanza di 80 anni dall'esecuzione del dipinto, scopro la collocazione, grazie l'interessamento dell'avvocato Giuseppe Vallino. Il ritratto è sempre stato a Milano, vicino a me…, datato e firmato “Guido Tallone 1929”.

Estratto da: Raffaello Giolli, Poligono, n.2, febb. 1931

Il ritratto, oggetto di commenti entusiastici alla mostra parigina, è di tale straordinaria immediatezza, proprio perché Tallone rinuncia “al finito”, cogliendo la bella toledana mentre compie il gesto di sistemare i capelli. La mano è solo un lampo di luce, colto nel movimento. Lo sguardo intenso, il tono della pelle olivastra che si ritrova nel colori del fondo, le note di luce dei ricami del vestito, confermano la giusta intuizione del Giolli: tutti i piani contribuiscono alla unità centrale. La stessa osservazione vale per il ritratto della bimba Lydia, un'esplosione di colore che converge lo sguardo sul volto della piccola (chi non ha mai eseguito un ritratto non conosce la difficoltà di ritrarre un neonato!) che stringe un pupazzo rosso, un elefantino gonfiabile, distratta giusto il tempo per riuscire a fermarne i lineamenti per il ritratto.
Anche i paesaggi, per Tallone, sono “ritratti” dove vengono colti l'atmosfera e quel particolare momento che ha catturato il suo sguardo, per riportarlo con tutta l'emozione originaria. (Ambois, Loira, 1927). La curiosità attenta per lo splendore del reale, tanto faceva innamorare e “stupire” Guido, che voleva cogliere, senza bisogno di geometrizzazioni post cubiste, senza bisogno di “inventare”, anche grazie la rapidità dell'esecuzione pittorica, la vitalità insita nella forma. Ne va che per ottenere un risultato simile un pittore deve aver raggiunto un vasto patrimonio culturale e una tale impeccabile tecnica, da permettersi di dimenticarla.
Aria, luce, colori del cielo e mare che si specchiano, quel senso di movimento perpetuo tipico della laguna di venezia, è magistralmente espressa in “A Venezia”, mentre nel “Paesaggio lagunare”, dipinto con materia scarna, ci regala l'atmosfera trasparente delle acque, con le case e le piante tracciate con rapidi segni in sintesi estrema.

 

Anni '40

Guido Tallone, Tre Germani appesi, olio su tela, cm. 100x50, 1943 circa.

Guido Tallone, Anatra, olio su compensato, cm 50x70, coll priv. Primi anni '40

Guido Tallone, Anatre, firmato basso destra “G Tallone e De Pisis”, olio su compensato, cm 50x70, coll priv. Primi anni '40

Gli anni '30 sono molto proficui per Tallone, il '29 espone alla Galleria Pesaro in due collettive e il '30 tiene in quella galleria una mostra personale, e partecipa alla sua prima Biennale veneziana. In quegli anni compie dei viaggi nell'Africa settentrionale, in Marocco, Egitto e Tunisia, e sarà a Tel Aviv il '34, riportando in Italia alcuni paesaggi. Il '31 tiene una personale alla Galleria Milano di Barbaroux, del 32 è la seconda apparizione alla Biennale veneziana e la mostra personale alla Gallerie Bing di Parigi; il '33 è al Palazzo della Triennale a Milano; il '34 appare ancora alla Biennale veneziana per la terza volta. Il '35 espone a Bruxelles all'Exposition International d'Art Moderne; Il 1937 espone alla Biennale di Venezia e all'Akademie der Kunste di Berlino, dello stesso anno sono le personali alla Galleria Gianferrari di Milano e alla Galleria Codebò di Torino; il '39 espone al Palazzo dell'Esposizione di Roma (III Quadriennale Nazionale), il '42 è ancora invitato alla Biennale di Venezia. E pienamente gratificato e può concedersi alla sua seconda passione: la caccia. Molti dei suoi committenti e amici sono anche proprietari di tenute di caccia, i Visconti, i Castelbarco, i Maggi di Calino, i Brandolini. Tallone, formidabile cacciatore, il '47 è campione internazionale di tiro al piccione e record mondiale di caccia in botte in Val Morosina. Lascia spesso ai suoi ospiti i trofei su tela, chiudendo un ciclo completo: la selvaggina prima viene ritratta poi mangiata…

Vediamo nella collezione i “Tre Germani appesi”, che ricordano da vicino un altro dipinto di caccia “Germani di Val Morosina”, datato 1943 (cat. n.121). L'anatomia è così perfetta da farci percepire il peso dei Germani, il piumaggio sembra ancora trattenere un fremito di vita. Nei due dipinti di caccia col soggetto di anatre, vediamo un'abitudine che ho riscontrato personalmente: appena i cani riportavano la selvaggina, Guido gettava a terra le prede - quasi mai ne componeva la posa, per non aggiungere niente di artificioso - e immediatamente prendeva tela e pennelli. Nel caso specifico, qui c'è una parvenza di paesaggio, in particolare nel dipinto Anatre di questa collezione, firmato insieme a De Pisis. Note sono infatti in quegli anni le nature morte di De Pisis, spesso con lo sfondo di marine.
Forse l'ha riportato a studio, in via Rugabella 17, dove De Pisis aveva (al ritorno da Parigi il 1939) il 1940 stabilito anche il suo studio nello stesso stabile dove Tallone aveva il suo da circa metà degli anni '20. Oppure a Venezia, dove sia Tallone, sia De Pisis, il 1943 si trasferiscono quando viene distrutta la casa di Rugabella sotto i bombardamenti, tragica esperienza sofferta dai due amici.
Per quello spirito d'amicizia e disinteresse tipico degli artisti di quegli anni, in cui la parola invidia non esisteva - semmai una simpatica competizione - i due hanno firmato insieme il quadro. Ho constatato altri casi analoghi.
Si è detto di una similitudine tra i due pittori, non credo si sia menzionata anche la lunga frequentazione. Dopo la tragedia che ha sconvolto la vita dei fratelli Tallone, con la morte della sorella Milini e la nipote Allegra nel bombardamento di Alpignano il febbraio del '43, e altre disastrose perdite, come la distruzione della Galleria del fratello Ermanno di via Gesù, dello studio di via del Bollo del fratello Cesarino e del suo studio di via Rugabella con la perdita di tutti i quadri, Guido Tallone si trasferisce a Venezia in preda al più nero sconforto. Ma la sua tempra vitale ricupera il sorriso, anzi, era tale la sua fama di generosità e simpatia da essere chiamato “Sindaco di Dorsoduro”. E le esposizioni riprenderanno il '45 con la personale nella Galleria del fratello Ermanno di via Gesù a Milano.
Dopo la tragedia si era stabilito al numero 253 di Dorsoduro, nella casa che era stata dell'amica americana di Ezra Pound, mentre De Pisis si stabilisce in S. Barnaba e poi compra casa, il '44, a San Sebastian. Vivono quindi a Venezia nello stesso quartiere e si conoscono e frequentano dall'epoca di Parigi della metà anni '20.
Guido Tallone chiamava De Pisis “Il poeta”. Mentre Tallone non era mai stato attratto dal Futurismo e Metafisica, De Pisis ne aveva fatto rapide incursioni, per poi proseguire per la sua strada. Come il grande Guido Ballo ricorda nella biografia di De Pisis, il segno gesto e il fattore espressionista sono evidenti in De Pisis, e questo è il punto di contatto con Tallone, che Ballo amava e stimava molto.
In De Pisis la componente metafisica persiste (a parte i primi quadri propriamente “Metafisici”) essenzialmente come intenzione lirica, di resa dello spazio infinito della memoria e della sua natura poetica e intellettuale, non soffermandosi sulla resa plastica. Questa è la differenza con Tallone, dove la componente plastica mai viene dimenticata, e la fantasia compositiva non rientra nei suoi obbiettivi, per trarre la stessa poesia da ciò che i suoi occhi attenti e appassionati colgono nel reale. Due pittori straordinari, accomunati dal segno gestuale, ma separati negli intenti. Del resto le due pitture sembrano rispecchiare i caratteri, fragile e psichicamente tormentato De Pisis, forte e solare Tallone.

Disegni

Guido Tallone, Avvocato Giuseppe Vallino da bambino, matita su carta, cm 20x18, 1945 circa

Guido Tallone, Ingegnere Giuseppe Vallino a 70 anni, matita su carta cm.28x20, 1920 circa

Guido Tallone, Marzia Martinengo Cesaresco, matita su carta, cm 21x29, 1949

Guido Tallone, Stazione e treno, matita su carta, cm 28x22, anni '30

Guido Tallone,Treno, matita su carta, cm 22x28, anni '30

Tra i numerosi disegni della collezione ne ho scelti esemplarmente cinque, tre ritratti di famiglia e due impressioni che riguardano la grande passione dei viaggi e dei treni di Guido Tallone. Tale era la passione che, oltre l'abbonamento perpetuo per tutte le tratte, aveva acquistato e fatto sistemare nel giardino della casa di Alpignano, su rotaie di 50 metri, una locomotiva perfettamente funzionante.
Il disegno deve essere tre volte perfetto e sembrarlo una sola, diceva agli allievi Cesare Tallone, e ancora, non è il segno più bello quello che conta, ma la misura esatta da un punto all'altro. L'insegnamento di quasi 40 anni di Cesare Tallone, prima alla Carrara di Bergamo, poi a Brera a Milano, ha insegnato a più generazioni di pittori la fondamentale importanza del disegno, incitandoli a fare e rifare finchè la mano si stanca, prima a grandezza naturale, per poi essere padroni anche delle piccole dimensioni. Il figlio Guido è stato esemplare, raggiungendo la sicurezza tecnica per ottenere quel segno personale, vitale e sicuro.